Attacchi di panico: Sintomi, Cause e Cura efficace
Attacchi di panico indice:
- Cosa sono gli attacchi di panico
- Quali sono i sintomi attacchi di panico
- Quando si parla di disturbo di panico
- Quali sono le cause degli attacchi di panico
- Quali sono le conseguenze attacchi di panico
- Come si curano gli attacchi di panico ed il disturbo di panico
Cosa sono gli attacchi di panico?
L’attacco di panico è un breve episodio di ansia intollerabile che dura al massimo 20 minuti. E’ caratterizzato da sentimenti di apprensione, paura o terrore: la persona vive un senso di catastrofe imminente e ha spiccate manifestazioni neurovegetative. Possono esserci anche esperienze di depersonalizzazione e derealizzazione.
L’attacco di panico arriva come un fulmine a ciel sereno, improvvisamente. È questo il motivo per cui le persone ne sono tanto spaventate. La realtà, invece, è diversa: l’attacco di panico ha sempre un fattore scatenante, anche quando non si è in grado di riconoscerlo come tale, come si vedrà meglio in terapia.
Quali sono i sintomi degli attacchi di panico?
I sintomi fisici più comuni dell’attacco di panico sono:
- Palpitazioni, cardiopalma o tachicardia
- Sudorazione
- Brividi o vampate di calore
- Tremori fini o a grandi scosse
- Parestesie
- Dispnea o sensazione di soffocamento
- Sensazione di asfissia
- Dolore o fastidio al petto
- Nausea o disturbi addominali
- Sensazioni di sbandamento, instabilità, testa leggera o senso di svenimento
- Derealizzazione o depersonalizzazione
- Paura di perdere il controllo o di impazzire
- Paura di morire
Anche i pensieri si modificano durante un attacco di panico. Le persone che hanno un attacco di panico temono che accadrà loro qualcosa di grave. Pensano, ad esempio, che moriranno, che impazziranno, che faranno una figura terribile… Pensieri come: “Avrò un infarto”, “Ora svengo” o “Morirò” sembrano così reali nel momento dell’attacco di panico da far sì che alcune persone arrivino a chiamare l’autoambulanza o vadano in ospedale.
Dopo aver provato una volta la spiacevole esperienza di un attacco di panico, la persona colpita teme ovviamente che possa accadere di nuovo. Si innesca, dunque, un circolo vizioso che può trasformare il singolo attacco di panico in un vero e proprio disturbo di panico. Si apprende così ad avere “paura della paura”. Il paziente, infatti, ha un coinvolgimento attivo e determinante nell’insorgenza e nella persistenza dell’attacco.
L’attacco di panico, infatti, è frutto di un processo continuamente rinforzato da molti aspetti, su cui la persona ha più controllo di quanto non creda. Vediamo, ad esempio, cosa succede ai pensieri.
I pensieri catastrofici fanno sì che i soggetti che hanno avuto attacchi di panico interpretino erroneamente i normali sintomi fisici dell’ansia e li vivano come reali pericoli. Queste sensazioni potrebbero essere, in realtà, dovute ad altri fattori: stanchezza, troppa caffeina, stress, mangiato troppo, dormito poco, ecc. Se in una situazione ansiogena, ad esempio, si avvertono dei sintomi fisici di giramento di testa e si pensa “sto per svenire”, in terapia si imparerà a sostituire questo pensiero con “sto solo sperimentando sintomi fisici”, “non ho nessuna ragione di ritenere che sto per svenire”. Se, ad esempio, pensate “sto per morire”, sostituitelo con “è solo il battito del mio cuore, non sto per avere un infarto”.
Quando si parla di disturbo di panico?
Quando gli attacchi di panico sono ricorrenti, si parla di “Disturbo di panico”.
In questo caso gli attacchi di panico ripetuti influenzano l’intera esistenza del paziente, che manifesta una preoccupazione persistente non solo di avere un’altra crisi di panico, ma anche delle possibili implicazioni o conseguenze degli attacchi sulla sua vita e sul suo funzionamento. Questa preoccupazione deve avere durata superiore a un mese.
Quali sono le cause degli attacchi di panico?
Quanto è diffuso il disturbo di panico e quali sono le cause?
Gli attacchi di panico sono molto diffusi, soprattutto tra i giovani. Si stima che circa il 30% della popolazione urbana soffrirà, almeno una volta nella propria vita, di un attacco di panico.
Gli attacchi di panico fanno parte dei disturbi d’ansia. La maggior parte degli studiosi ritiene che siano la conseguenza dell’interazione di pensieri, emozioni e processi fisici. In genere, un periodo o un evento particolarmente stressanti possono scatenare il disturbo di panico in persone con una predisposizione genetica e psicologica ai disturbi d’ansia. Può succedere perciò che il normale livello d’ansia con cui tutti noi nasciamo, possa aumentare ed esplodere in episodi di panico, più o meno intensi, a seguito, ad esempio, di un evento stressante. I motivi per cui le persone soffrono di attacchi di panico sono numerosi. Tra le cause più diffuse ci sono:
- La predisposizione genetica
- Lo stress
- Le preoccupazioni circa la propria salute
- Sentimenti spiacevoli causati, ad esempio, da problemi o difficoltà personali o professionali
Quando questi non vengono affrontati o non possono essere affrontati per vari motivi, rimangono latenti, provocando nel tempo un aumento dell’ansia che potrà quindi superare una soglia e scatenare un attacco di panico.
Quali sono le conseguenze degli attacchi di panico?
Quali sono le conseguenze degli attacchi di panico?
La principale conseguenza degli attacchi di panico è la tendenza ad evitare tutte le situazioni o le persone ritenute pericolose.
Coloro che soffrono di attacchi di panico cercano di fuggire il prima possibile dalla situazione o dagli individui che provocano loro ansia o malessere, evitano situazioni simili nel futuro, mettono in atto meccanismi che li rassicurino (portano con sé medicinali, se temono un attacco di cuore possono rimanere immobili, se hanno paura di soffocare apriranno una finestra o berranno dell’acqua, ecc.). È evidente che queste modalità di comportamento saranno molto limitanti per la loro vita. Anchei rapporti interpersonali (familiari, di coppia, di amicizia, ecc.) avranno serie difficoltà; si tenderà, infatti, a evitare tutte quelle situazioni percepite come ansiogene (uscire per incontrare persone, prendere l’aereo, frequentare luoghi affollati, andare al ristorante, al cinema ecc.). In alcuni casi si potrà progressivamente arrivare a non uscire più di casa.
Dal momento che, nel caso del disturbo di panico, ciò che si teme di più sono le proprie sensazioni fisiche, si tenderà a evitare anche tutte quelle attività o sostanze che aumentano l’attivazione fisiologica dell’organismo. Non si berranno più caffè o bevande eccitanti, si eviterà l’attività fisica o sessuale, si prediligerà uno stile di vita riposante e all’insegna della prudenza.
La paura dell’imminenza di un nuovo attacco, inoltre, produce uno stato di tensione generale e di irritabilità diffusa. È stato anche stabilito che gli attacchi di panico sono correlati ad altri disturbi quali la depressione e l’agorafobia (paura di camminare per strada, degli spazi aperti come le autostrade…).
Come si curano gli attacchi di panico ed il disturbo di panico?
Il trattamento del disturbo di panico
La Terapia Cognitivo Comportamentale è molto efficace nella cura degli attacchi di panico. Studi condotti in diversi paesi dimostrano che più dell’80% delle persone si libera degli attacchi di panico dopo un breve periodo di trattamento. La Terapia Cognitivo Comportamentale del disturbo di panico si prefigge 5 obiettivi principali:
- Scoprire e abbattere le fonti di stress
- Aumentare la tolleranza all’ansia o al disagio, ad esempio con la Mindfulness, e ristabilire un senso di sicurezza, riducendo la sensibilità alle sensazioni fisiche (tachicardia, tremore, respiro corto, ecc.) o mentali (paura di impazzire, di morire, di perdere il controllo) rilevanti per l’insorgenza degli attacchi di panico
- Indebolire l’interpretazione catastrofica errata e gli schemi di minaccia, paura e pericolo sottostanti agli stati fisici o mentali
- Incrementare le capacità di rivalutazione cognitiva che portano all’adozione di una spiegazione alternativa realistica dei sintomi che causano paura o angoscia
- Eliminare l’evitamento e altri comportamenti disfunzionali di ricerca di sicurezza
Al fine di raggiungere questi obiettivi, la Terapia Cognitivo Comportamentale si articola nelle seguenti componenti:
- Educazione al modello di Terapia Cognitiva del Panico (il circolo vizioso)
- Esperimenti comportamentali: induzione dei sintomi in seduta e come homework
- Ristrutturazione cognitiva degli esiti catastrofici più temuti delle sensazioni fisiche
- Esposizione graduata in vivo
- Prevenzione delle ricadute
Uno dei primi obiettivi della Terapia Cognitivo Comportamentale è aiutare il paziente a capire che gli sgradevoli sintomi fisici che prova durante l’attacco di panico sono solo una conseguenza dell’ansia. Non sono, dunque, pericolosi: nulla di quello che teme accadrà veramente. Questa consapevolezza aiuta a interrompere il circolo vizioso dell’ansia ed evita un peggioramento delle sensazioni fisiche spiacevoli.
Gli esperimenti comportamentali giocano un ruolo particolarmente importante nel trattamento del panico. L’obiettivo è quello di dimostrare al paziente che può stare coi sintomi. Il risultato dell’esperimento viene osservato, monitorato e registrato, alla ricerca di prove a favore della spiegazione catastrofica e delle interpretazioni alternative delle sensazioni fisiche.
Gli esercizi di esposizione enterocettiva servono a suscitare proprio le sensazioni corporee simili a quelle che si manifestano spontaneamente in caso di ansia. Indurre volontariamente i propri sintomi vuole contraddire l’abitudine a sfuggirli ed evitarli, perché considerati pericolosi. L’obiettivo è, quindi, quello di mettere il paziente nelle condizioni di affrontare un episodio di tachicardia o vertigine e di superarlo senza ricorrere a mezzi di evitamento o fuga. Alla fine si impara che si tratta di episodi forse sgradevoli, ma certamente non pericolosi o mortali. E si è, quindi, in grado di affrontarli e di gestirli. Si suggerisce di continuare a eseguire gli esercizi, finchè la forza dei pensieri catastrofici non sia diminuita e sia, invece, significativamente aumentata quella dei pensieri non catastrofici.
La ristrutturazione cognitiva svolge due funzioni nella Terapia Cognitiva del Panico. Introduce un’evidenza contraria alle interpretazioni catastrofiche errate e offre una spiegazione alternativa alle sensazioni interne. È spesso utile cominciare la ristrutturazione cognitiva con una descrizione molto chiara degli esiti catastrofici più temuti e poi generare una lista di possibili spiegazioni alternative per le sensazioni fisiche. L’obiettivo della ristrutturazione cognitiva per i soggetti con panico è quello di realizzare che la loro ansia e i loro sintomi siano dovuti alle convinzioni errate che certe sensazioni fisiche sono pericolose, che avranno un esito nefasto, che saranno insopportabili e ingestibili, che sarà impossibile controllarle e resistervi, ecc. Il terapeuta e il paziente troveranno delle risposte alternative a queste interpretazioni, tramite svariate tecniche di ristrutturazione cognitiva.
Poiché molti individui con il disturbo di panico mostrano, come abbiamo detto, forme quanto meno lievi di evitamento agorafobico, l’esposizione graduata in vivo è una componente fondamentale della Terapia Cognitivo Comportamentale per il disturbo di panico. Quando l’evitamento agorafobico è grave, l’esposizione in vivo deve essere introdotta nel trattamento il prima possibile, al fine di creare l’abituazione ai sintomi e a mettere in discussione le cognizioni e le credenze catastrofiche del soggetto agorafobico. Nell’esposizione graduata in vivo il terapeuta aumenta gradualmente il livello di ansia in modo che il soggetto possa realizzare di essere in grado di gestire la situazione, persino con stati d’ansia elevati. Se il paziente non fugge, o non evita l’esposizione, la reazione ansiosa potrà toccare un picco, ma poi si ridurrà spontaneamente e il paziente, nel tempo, si troverà a fronteggiare le situazioni in precedenza temute, senza provare più panico.
Quando si riuscirà a sentirsi tranquilli in situazioni da cui fino a prima si fuggiva ci sarà una reazione che, sotto molti aspetti, può essere considerata un decondizionamento che avrà come conseguenza quella di modificare le aspettative catastrofiche del paziente.
Infine, nella prevenzione delle ricadute, Il terapeuta fa scrivere o scrive insieme al paziente quanto è stato appreso durante il trattamento, riguardo le cause del panico, i fattori di mantenimento, e i modi usati per superare il problema. Nel summarize (riassunto) verrà scritto, sotto la guida del terapeuta, cosa fare se i sintomi fisici inattesi si verificano o se il soggetto sperimenta una ricomparsa dell’ansia. Si dovrà, infine, chiedere al paziente di valutare, su una scala da 0 a 100, quanto sarebbe penoso per lui in futuro avere attacchi di panico. In questo modo è possibile prendere consapevolezza anche di eventuali problemi non ancora risolti.
Infine, dal momento che abbiamo visto quanto sia determinante il ruolo dello stress nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo di panico, è fondamentale adottare uno stile di vita sano e all’insegna della salute. Quindi, si privilegerà un’alimentazione corretta, si dormirà un numero adeguato di ore di sonno, si farà attività fisica e si praticherà la Mindfulness per tenere bassi i livelli di stress e ridurre così la possibilità di avere nuovi attacchi di panico.
Per coloro i quali hanno effettuato una Terapia Cognitivo Comportamentale per il panico ma presentano ancora una sintomatologia attiva, si consiglia di indagare con un professionista eventuali esperienze traumatiche passate e/o presenti che possano essere la vera causa sottostante della sintomatologia fisica del panico.