La danzaterapia in comunità

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La danzaterapia in comunità

Il voler raccontare questa esperienza  non vuole essere un autocelebrazione bensì una condivisione di quella che per me è stata una bellissima e soddisfacente sfida e l’occasione di mostrare la forte valenza terapeutica della danza nella metodologia della Fux.  

Ritengo che la metodologia Fux  sia innanzitutto caratterizzata dall’incontrare se stessi attraverso il proprio corpo e, solo in tal modo è possibile successivamente incontrare l’altro. È questo che mi ha spinto ad intraprendere il percorso di 14 incontri di danzaterapia con 9 uomini e 2 donne all’interno della comunità, un percorso impervio e non privo di difficoltà ma che alla fine ha dato i suoi frutti. Non posso nascondere le sensazioni e le emozioni che hanno accompagnato questi incontri e, dunque, anche le frustrazioni, oltre alle soddisfazioni e alla gioia che alla fine di questo percorso ho potuto leggere nei loro occhi. Il primo incontro con i partecipanti è stato alquanto imbarazzante, erano per la maggior parte maschi e molto più grandi di me, sia d’età che d’altezza. Ho incentrato l’incontro sul ritmo, iniziando a camminare ciascuno con il proprio ritmo e poi introducendo lo stimolo con una musica. Lo stimolo aveva lo scopo di portare l’attenzione già sul corpo in maniera forte ed incisiva. La mia richiesta di ascoltare il proprio ritmo e di tradurre quel ascolto in movimento, seppure all’inizio per loro sembrava non avere senso, ha poi generato dei significativi vissuti emotivi. Alla fine di ogni incontro ho dato loro l’opportunità di elaborare il percorso disegnando o scrivendo ciò che avevano vissuto. In previsione del secondo incontro la responsabile del centro ha fatto ricoprire il pavimento della sala con la moquette che gli stessi ragazzi del gruppo si erano premurati di fissare. Data la possibilità di poter utilizzare il pavimento ho deciso di iniziare l’incontro con l’impronta e poi dal segno dell’impronta alla radice. Sulla radice una delle partecipanti ha avuto un momento di difficoltà, ad un certo punto, si è fermata, si è alzata e mi ha detto che non ce la faceva che per lei era difficile e che sarebbe andata fuori a fumare, le ho chiesto di non uscire e di fermarsi ad osservare gli altri. Mi ha ascoltata e ha guardato i suoi compagni e me che con difficoltà strisciavamo sulla terra come radici e ad un certo punto ha deciso di rientrare e in quel momento il suo movimento è cambiato, è diventato autentico. Ha affrontato la sua difficoltà e si è messa in contatto con il suo corpo. Iniziavo così a vedere e testare la forza applicativa della metodologia Fux, in cui è il corpo che ti mostra il limite ma allo stesso tempo ti consente di superarlo, non da solo ma con l’aiuto dell’altro all’interno di una relazione basata sull’ascolto e lo scambio. Alla fine di questo incontro ho proposto ai ragazzi di disegnare o di scrivere quello che avevano sentito e ho ricevuto disegni e frasi bellissime. Nel terzo incontro ho deciso di presentarmi o meglio di mostrarmi io per quello che ha donato a me la danzaterapia e di vedere cosa accadeva. Ho portato la melodia di una musica dolce, una melodia che posso disegnare con le mani e che posso plasmare nell’aria. In questo incontro proprio quei ragazzi più scettici sull’utilità di questo percorso hanno iniziato a vedervi la possibilità di staccare dal resto della giornata e di dedicarsi a sé, in quel momento, mi dicevano, sentivano che potevano fare senza l’obbligo di dover fare, e questo in alcuni momenti era visibile nei loro corpi che si muovevano in libertà, senza il timore del giudizio e senza vergogna. In ognuno degli incontri che ho fatto ci sono stati momenti di difficoltà in cui era come se non riuscissi ad entrare in contatto con loro attraverso il modo in cui presentavo l’incontro, ma questo pian piano è cambiato con il tempo e la conoscenza reciproca. Gli altri incontri più significativi per loro e per me sono stati quelli in cui ho portato lo stimolo dello specchio e quello della strada , intenzionalmente posti quasi alla fine del percorso. Nell’incontro delle mie mani diventano uno specchio, ho incentrato l’attenzione su una parte del corpo, la mano che ci permette di creare, accarezzare, curare, per poi passare alla mano che guarda il mio corpo. Durante questo incontro ho potuto notare come l’attenzione al proprio corpo e alle proprie mani fosse sottovalutata e in qualche modo evitata. Uno dei partecipanti più degli altri mi è sembrato in difficoltà quando ho chiesto di guardare le proprie mani, quasi come se le rifiutasse. Accortami di ciò ho dato la consegna “le nostre mani danzano insieme” e lentamente mi sono avvicinata a lui che si era isolato maggiormente dagli altri, quasi a volersi nascondere. Non appena mi sono avvicinata, lui ha manifestato la sua difficoltà dicendomi che si vergognava a mostrare le sue mani perché le riteneva brutte. Confortandolo che non ci sono mani belle o brutte e che le nostre mani raccontano la nostra storia, ho iniziato a danzare con lui e in quel momento è accaduto qualcosa, le nostre mani hanno iniziato a conoscersi e a danzare insieme e lui si è dimenticato di avere delle brutte mani e si è accorto di avere delle mani che possono fare che possono incontrare e che possono danzare. Alla fine dell’incontro mi ha rivelato che non aveva mai pensato a quanta importanza avessero le mani per lui che all’interno della comunità faceva prettamente lavori manuali e di aver sempre pensato al suo corpo come qualcosa che si portava dietro ma di cui non si era mai preso cura. Queste parole, insieme a molte altre che i ragazzi hanno scritto, mi hanno fatto comprendere come la danzaterapia offra all’individuo la possibilità di guardare al corpo in modo diverso, in questo caso specifico mostrando una cura e un rispetto precedentemente sconosciuti. Gli stimoli scelti per i diversi incontri non sono stati casuali ma frutto della conoscenza del gruppo e della conoscenza della patologia. Non è stato un caso decidere di fare la radice che cresce, richiamando il percorso di crescita interiore che stavano attuando all’interno della Comunità insieme agli altri membri del gruppo. Strisciare sul pavimento non è stato semplice, in quanto ha riattivato i vissuti emotivi della dipendenza e della difficoltà a staccarsi da essa. Nella mia mente rimarrà impressa la modalità con cui si sono alzati, una volta data la consegna di iniziare a crescere aiutandosi l’un l’altro. La difficoltà era evidente c’era tensione e lentezza del movimento. Alla fine di questo incontro una delle ragazze mi ha detto che lo stimolo dell'impronta e della radice le aveva permesso di comprendere maggiormente che in fondo quando ci muoviamo nel mondo e da come lo facciamo, lasciamo dei segni che, seppure invisibili, restano su di noi sugli altri e nel mondo. Altro stimolo non scelto casualmente è stato lo specchio, per riportare l’attenzione al corpo che si guarda e che guarda il cambiamento che sta avvenendo, o ancora la strada, intesa come la costruzione di un percorso individuale di trasformazione e, infine la pelle, la quale un’ importanza nella strutturazione dell’io. Rinascere con una nuova pelle, questo è stato lo stimolo dell’ultimo incontro, come simbolo di un nuovo inizio, guardando al proprio corpo in modo diverso.

Gli incontri che ho pensato per loro avevano come obiettivo quello di spingerli a riflettere su se stessi e sull’importanza che il corpo assume nel nostro percorso di vita. Incontrarli nella danza mi ha permesso di comprendere la valenza della metodologia Fux, che grazie alla sua matrice artistica-creativa-corporea va ad agire sulla parte sana dell’individuo favorendone il cambiamento.

danzaterapia e tossicodipendenza

 

 Danzaterapia e Tossicodipendenza

La tossicomania può essere considerata una condizione di intossicazione generata dall'assunzione ripetuta di sostanze tossiche che provocano uno stato di dipendenza psichica e fisica rispetto ai suoi effetti. Essa è la variante di un meccanismo psicologico micidiale che giunge ad essere nocivo e perfino distruttivo per l’organismo.

Quando parlo di droga, non mi riferisco solo alle sostanze stupefacenti ma anche all’alcool. L’effetto nocivo di tali sostanze deriva soprattutto dal fatto che esse di solito costituiscono l’unica fonte di piacere a disposizione dell’interessato. Il corpo del tossicodipendente è un corpo che diviene il ricettacolo di sostanze che lo debilitano e generano sofferenza fisica. Gli elementi più frequente riscontrati sono  l'incuria e la trascuratezza che il soggetto tossicodipendente dimostra verso il corpo, la mancanza di ascolto e l'incapacità di percepire quei segnali di sofferenza che il corpo stesso rimanda.

Il tossicodipendente disprezza il suo corpo, ma allo stesso tempo lo lascia sopravvivere perché gli serve ed è l'unico strumento che gli consente di vivere la sua esperienza di alienazione. 

Egli cerca il piacere attraverso il corpo ma allo stesso tempo perde il piacere dell’ascolto del corpo.

La danzaterapia, nell’ambito applicativo della tossicodipendenza, si propone come uno efficace strumento riabilitativo che, coinvolgendo la mente e il corpo della persona che soffre, vuole offrirle la possibilità di sensibilizzare la percezione e la consapevolezza corporea e di ristabilire un equilibrio emotivo-relazionale. L’esperienza della danzaterapia offre a costui la possibilità di scoperta e riscoperta del proprio corpo come fonte di benessere e di piacere non nocivo. Si tratta di un’esperienza positiva che offre alla persona l’opportunità di sperimentare un contatto sano con il proprio corpo.

La danzaterapia può affiancarsi alle numerose attività presenti nel programma di recupero come una modalità alternativa di trattamento per aiutare queste persone ad uscire da “L’inferno in cui si sono rinchiusi”, trovando nella danza e attraverso essa una possibilità di espressione sia fisica che emotiva.

L’individuo tossicodipendente riprende, attraverso la danza terapia, il contatto con il suo corpo e impara pian piano a rispettarlo, a rispettare sé stesso, ad accettarsi e, in tal modo, ad accettare e rispettare gli altri. La metodologia Fux è, infatti, un approccio che si basa fondamentalmente sulla relazione con l’altro e con il gruppo. Alla base della danzaterapia c’è l’incontro con l’altro. Tale aspetto ha un importante effetto rivalutativo sia sull’individuo, il quale all’interno dell’incontro si sente degno di essere accettato, sia sul gruppo in cui vengono rivalutati i rapporti tra i membri. Il momento di danzaterapia offre all’individuo tossicodipendente un contenitore sufficientemente buono per esprimere le proprie emozioni attraverso la danza, la musica e il corpo. Tale attività si pone come risorsa per aiutare queste persone a sganciarsi dal pensiero ossessivo della droga e a pensare ad altro.

Durante il periodo di astinenza, infatti, la droga assume per il tossicodipendente un carattere ossessivo e ciò rende più difficile il percorso terapeutico. La danza come terapia, apportando rilassamento e benessere sia fisico che psichico, può agire notevolmente sul livello d’angoscia. Tale sentimento insieme a quello di mancanza rappresentano, infatti, alcuni degli aspetti più critici della fase di disintossicazione e provocano un forte dolore al tossicodipendente scoraggiando la sua possibilità di ripresa.

 

Bibliografia

MAMMANA G., (1991)Il corpo del tossicodipendente, Salute e Prevenzione, nr.7.

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 Danzaterapia e corpo nella terza età

“ La vita è un istante. In tutte le età si ha la possibilità di crescere di vivere, di condividere il tempo.”

 “La vecchiaia […] È una tappa della vita segnata dai “non posso” o “ho Paura”. In realtà il tempo mostra come il corpo, quando non si muove, vada perdendo le sue capacità di movimento fino a rinchiudersi in un vero e proprio carcere, senza la minima possibilità di libertà o di creazione. […] È necessario lavorare sui sostegni, sulle possibilità e le “finestre” che si aprono sul movimento giungendo – grazie alla gratificazione, al ricordo e alle piccole conquiste- all’incontro con il “si posso”[…]”

Maria Fux

La vecchiaia è vista come il tramonto della nostra vita, in quanto caratterizzata da un progressivo decadimento e indebolimento dell'organismo, con caratteri morfologici e organici propri. Questa visione critica di una tappa della vita che contiene in sè la saggezza dell'esperienza, rende la vecchiaia un ostacolo al movimento e un peso per il corpo. Il rischio che ne può derivare è quello di credere di non avere più la possibilità di muoversi liberamente.

L'invecchiamento umano è un processo di trasformazione regolare, ordinato o discontinuo, che implica, con il passare del tempo, un cambiamento di caratteristiche biologiche, psicologiche e relazionali. Un cambiamento che seppure coinvolge inevitabilmente tutti noi, si sviluppa con modalità ritmi e conseguenze proprie e diverse per ciascun singolo individuo e che dipendono dalla co-occorrenza di differenti fattori genetici, esperienziali, educativo-culturali, sanitari, traumatici, familiari, sociali. Inoltre, bisogna precisare che seppure alcune funzioni cognitive decadono altre sono compensate dal mantenimento e a volte sviluppo di altri processi cognitivi.  Un esempio di questa compensazione deriva dagli studi sull'efficienza del riconoscimento percettivo di oggetti: è stato dimostrato che la riduzione dell'efficienza sensoriale può portare paradossalmente a percezioni globalmente migliori se l'anziano utilizza la propria esperienza per cogliere gli aspetti essenziali di quanto vede o ascolta. Nell'anziano si osservano, dunque, non solo la diminuzione di certe strutture ma anche la conservazione di altre, non solo la perdita di certe funzioni ma anche il perfezionamento di altre, non solo arresti, diminuzioni quantitative o decadimento di attività ma anche aumenti quantitativi e differenziazioni qualitative.

Nella persona anziana, le principali modificazioni fisiologiche sono a carico delle attività sensoriali e delle attività motorie. L'attività motoria rivela significative modificazioni in funzione dell'età. L'anziano è meno rapido e possiede minor forza nei movimenti, ma ciò non sembra interferire nell'accuratezza e nella precisione degli stessi. In assenza di fattori patologici e a condizione che l'anziano svolga quotidianamente una serie di esercizi fisici, le funzioni legate ai movimenti possono essere conservate sino a tarda età. Si allungano i tempi di reazione, ma soltanto nei compiti complessi, mentre i tempi di reazione in compiti semplici sono analoghi a quelli dei giovani.

La vecchiaia e il corpo che invecchia, in un mondo basato sull’ apparenza, è un’immagine che rimanda alla malattia, al limite e in alcuni casi alla deformità. Il corpo dell’anziano è un corpo lento, non più presentabile ed è un corpo da nascondere. Tali pregiudizi sociali possono condizionare il suo benessere psicologico, generando isolamento, perdita di capacità sociali e depressione. Se in adolescenza il limite del corpo paradossalmente consiste nel fatto di non avere limiti confini in quanto il corpo è in un momento di crescita e dotato di grandi potenzialità sebbene da indirizzare nel modo giusto, durante la vecchiaia il limite del corpo consiste nella caducità di alcune potenzialità e nella consapevolezza dei propri limiti.

Risvegliare il corpo nell’anziano attraverso la danzaterapia vuol dire offrire all’anziano la possibilità di ritrovare nel suo corpo delle potenzialità che seppur limitate possono essere accettate e apprezzate in modo consapevole e sereno. La danza può diventare lo strumento principale grazie al quale l’anziano può riprendere ad ascoltare il suo corpo, accentando i suoi limiti e scoprendo che non è solo fonte di malessere e rimpianti per le capacità perdute ma può essere il ponte per istaurare un nuovo rapporto con sè stesso e  nuove relazioni sociali all’interno del gruppo di danza terapia. Il risveglio del corpo favorirà il risveglio della mente, influendo positivamente sull’autostima e sul concetto di sé. Rimanere o ritornare padroni del proprio corpo dal punto di vista neurologico e muscolare, infine, può contribuire a contrastare la trascuratezza e la disistima nei confronti del corpo che invecchia, restituendo così all'anziano un'immagine corporea accettabile ed adeguata alle aspettative estetico-funzionali dell'ambiente socio-relazionale di appartenenza.

Bibliografia

Cesa-Bianchi M. (1987), Psicologia dell’invecchiamento. Caratteristiche e problemi. La Nuova Italia Scientifica, Roma

Cotman, C. W., & Niero-Sampedro, M. (1984) Cell biology of synaptic plasticity. Science, 225, 1287-1294

Cesa-Bianchi, M., Pravettoni, G. E Cesa-Bianchi, G. (1997). L’invecchiamento psichico: il contributo di un quarantennio di ricerca. Giornale di Gerontologia, Vol. 45, 5: 311-321

Fozard, J.L. (1990) Vision and hearing in aging. In K.W. Schaie and J.E. Birren, eds. Handbook of the Psychology of Aging (3rd edition). New York: Academic Press, Chapter 9.

Fux M., Cos’è la danzaterapia: il metodo Maria Fux, Intervista con Betina M. Bensignor, Edizioni Del Cerro, 2006

Fux M., Cos’è la danzaterapia: il metodo Maria Fux, Intervista con Betina M. Bensignor, Edizioni Del Cerro, 2006

 Ostrow, A. C. (1984). Physical activity and the older adult. Princeton, NJ: Princeton Book Company

team 386673 1280 Danzaterapia e corpo nell’adolescenza

La danza è qualcosa che aiuta l’adolescente ad attraversare il difficile cammino durante il quale vede il suo corpo trasformarsi, senza volerlo ogni giorno. Questo corpo che era ieri , oggi quasi non lo conosco, o non mi appartiene. Ciò è qualcosa che viene affrontato bene, ma purtroppo nella maggior parte dei casi non è accettato. Ed è tanto indesiderato proprio rispetto all’immagine idealizzata del corpo che ogni adolescente desidera per sé, in genere, nel confrontarsi con qualcuno che funge da modello (un’amica, una sorella maggiore, una cantante famosa. […] Lavoro molto sul riconoscimento del proprio corpo, sulla gioia di accettarsi e la possibilità di esprimersi. […] essi sperimentano, attraverso il movimento, la possibilità di un cambiamento cercato e che supera di gran lunga il cambiamento imposto dalla natura.”

Fux M.,

Cos’è la danzaterapia: il metodo Maria Fux, Intervista con Betina M. Bensignor,

Edizioni Del Cerro, 2006

Il corpo per l’adolescente diventa un oggetto ingombrante che subisce cambiamenti repentini e inaspettati. Tali mutamenti nell’aspetto e nella voce implicano l’inizio di processi di riconoscimento poi di appropriazione di questo nuovo corpo che non sempre vengono affrontati in maniera serena. È noto che nel corso dell’ adolescenza il corpo diventi il principale protagonista dell’interazione ma anche allo stesso tempo un ostacolo alla comunicazione. C’è un’attenzione diversa al corpo che in alcuni casi può essere eccessiva in altri disinteressata. Il corpo si trova ad essere oggetto di preoccupazioni inquietudini, di angosce che sono aumentate dalle trasformazioni puberali. Aumenta il timore di non piacere e di non accettazione per l’adolescente essendo il suo corpo un oggetto di riconoscimento sociale tra gli altri coetanei.

Non c’è dunque da meravigliarsi che a quest’età diverse condotte patologiche abbiano come oggetto il corpo. Potremmo definire l’adolescenza come un processo complesso di riconoscimento e di appropriazione di un corpo che sta cambiando e che sta crescendo.

Appropriarsi del corpo diventa problematico per alcuni adolescenti ed è importante che costoro possano sperimentare e sviluppare un sentimento di appartenenza. Molti atti autolesionistici in adolescenza hanno il significato disperato di impossessarsi del proprio corpo e di sentirne i confini. Esso può essere, infatti, percepito dall’adolescente come qualcosa che non gli appartiene, diventando così oggetto odiato e persecutorio, depositario di fantasie, desideri e paure di carattere regressivo o perverso, che fanno sentire il giovane anormale, diverso e senza speranze.

Il giovane ragazzo o la giovane ragazza si scontrano con un corpo che cambia, per questo motivo non  più riconosciuto e in alcuni casi difficilmente accettato, basti pensare ai numerosi casi di anoressia o bulimia. Si sperimenta da un lato il desiderio di mostrare il nuovo corpo e dall’altro di nasconderlo in quanto, generando cambiamenti imprevedibili, è difficilmente controllabile.

La danzaterapia può aiutare l’adolescente ad accettare i propri cambiamenti e a gestirli, riconoscendoli e accettandoli attivamente.

In questo periodo, infatti, diventa fondamentale permettere all’adolescente di riconoscersi nel proprio corpo per dar luogo a qual processo che Winnicott ha definito con i concetti di “personalizzazione” “insediamento” del Sé  "abitare il proprio corpo”.

Il corpo è la nostra casa, afferma Maria Fux, e come Winnicott porta avanti l’idea di insediamento, di conquista di quello spazio corporeo che ci consente di accettare il cambiamento. Abitare il proprio corpo significa mettersi in ascolto dei propri limiti, significa viverli non solo a livello psichico ma anche a livello fisico attraverso e grazie alla danza terapia.

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